Un mattone per il Bae

Narra la leggenda che il Comandante BAE fosse un indigeno messicano in esilio a Venezia o un guerrigliero veneziano andato a combattere in Sudamerica. Per lui non si sa chi, non si sa quando, costruirono uno stadio in un piccolo e ribelle villaggio del Chiapas messicano e dipinsero un murales di centocinquanta metri lungo la strada che collega Porto Marghera a Venezia.

Le leggende si sa, hanno sempre un fondo di verità e il BAE in effetti è stato un indigeno della laguna, appassionato della squadra di calcio della sua città e innamorato della giustizia. Per lui, diciannove anni fa, amici, compagni e fratelli non costruirono uno stadio ma un mondo che conteneva molti mondi.

Francesco, così si chiamava, ha attraversato l’oceano con noi, dalla laguna è arrivato fino alla Selva Lacandona en rebeldía, continuando a vivere nel ricordo di tutti quelli che hanno vissuto l’incredibile esperienza de El Estadio del BAE. E noi abbiamo sconfitto il dolore e la morte costruendo vita.

Oggi, riprendiamo a camminare domandando insieme, Francesco, noi e quanti hanno ancora voglia di sognare e di lottare per un mondo di giustizia e dignità, per tutte e tutti. Ci rimettiamo in cammino per non perdere quell’oceano di umanità che abbiamo incontrato nel nostro cammino. Ci rimettiamo in cammino alla ricerca di fratelli e sorelle, di popoli che con dignità resistono a sfruttamento ed ingiustizie. Perché la storia del BAE è la storia dei sogni che attraversano gli oceani, di muri che crollano, di ponti tra culture differenti, della vita che sconfigge la morte.

Quel muro che ospitava l’imponente frase BAE PER SEMPRE è stato demolito per far posto a una variante stradale. Ma quei mattoni non diventeranno macerie bensì materia prima per costruire ponti, strumento per finanziare progetti di solidarietà in territori martoriati da guerra, fame e miseria ma anche per prenderci cura della nostra terra sempre più spesso lasciata all’incuria e all’abbandono.

Con quelle macerie il BAE continuerà a correre e a sognare con noi. Con quelle macerie vogliamo costruire un percorso di solidarietà attiva che dal basso si prenda cura della propria comunità e sappia riconoscere le ingiustizie commesse contro chiunque e in qualsiasi parte del mondo e costruire un mondo di giustizia e senza muri.

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