Il Progetto

Un mattone per il Bae” sarà un contenitore di sogni al cui interno vogliamo sviluppare diversi progetti di solidarietà sia a livello locale, sia a livello internazionale. Dall’esperienza con gli zapatisti con El Estadio del Bae abbiamo appreso che la solidarietà, se non è accompagnata dalla condivisione di valori e di un percorso comune con le comunità, si trasforma in una vuota carità che impone i desideri del donatore piuttosto che sostenere le esigenze del ricevente. Con El Estadio del Bae abbiamo quindi imparato a essere periferia del mondo, a Marghera come a Guadalupe Tepeyac, vedendo ciò che ci accomuna e non ciò che ci divide.

Nel 2001 partimmo alla volta del Chiapas volendo costruire uno stadio polifunzionale per la comunità zapatista di Guadalupe Tepeyac, appena liberata dopo 7 anni di occupazione militare. Presto il nostro progetto si scontrò con le esigenze e la riorganizzazione dell’autonomia delle stesse comunità. Capimmo che costruire “un Maracanà” nella Selva Lacandona non solo sarebbe stato inutile per le comunità ma che non sarebbe nemmeno stato il sogno di Francesco. Così decidemmo di “camminare domandando” assieme agli indigeni zapatisti, accompagnandoli nella loro lotta di liberazione e mettendo a disposizione le nostre risorse e i nostri sogni. Concretamente El Estadio del Bae ha contribuito a sistemare acquedotti, costruire falegnamerie e officine, ristrutturare villaggi dopo gli uragani, distribuire il Café Rebelde Zapatista, sostenere il progetto Agua Para Todos e infine, costruire l’erbolario, la struttura che forma i promotori di salute dell’intero Caracol Hacia la Esperanza, fortemente volute dalle donne de La Realidad.

Da questa prospettiva parte il nostro nuovo progetto. “Un mattone per il Bae” più che un progetto sarà dunque un contenitore di sogni e di idee e soprattutto un percorso che ci porterà a costruire ponti dove muri separano, vita dove c’è la morte. Un percorso che, attraversando gli oceani, scalando le montagne e sfidando le frontiere, vogliamo ci porti in Kurdistan, martoriato da una guerra ingiusta e drammatica, e allo stesso tempo culla di un nuovo mondo possibile grazie all’incredibile esperienza del “Confederalismo Democratico” con il quale le popolazioni del Kurdistan, al pari degli zapatisti, stanno cercando di ricostruire una nuova società civile veramente democratica ed ecologica per giungere a una pace duratura nel Medio Oriente rispettando tutte le popolazioni che vi abitano.

I principi che animano le esperienze zapatiste e curde hanno moltissimi elementi in comune, per questo crediamo che portare il nostro fratello, compagno e amico Bae in quelle terre sia la naturale continuazione del cammino intrapreso tanti anni fa.

Un viaggio tra sogni, speranze e utopie, che attraverserà zone di guerra, di sfruttamento e di ingiustizia, per non dimenticare gli abbandonati, per dar voce agli esclusi. Un viaggio con un pallone in mano, perché dove c’è un pallone che rotola ci sarà sempre qualcuno disposto a tirare due calci, a cercare di gonfiare la rete e finita la sfida a fermarsi a parlare. Un cammino che, non lo neghiamo, sarà lungo e irto di difficoltà e di ostacoli, a cominciare da quella guerra che le popolazioni curde stanno combattendo contro tutti e tutto. Solo quando quella guerra sarà finita potremo pensare assieme alle popolazioni locali a costruire insieme un nuovo “El Estadio del Bae“, trasformando, metaforicamente, da macerie a ponti, quei mattoni del nostro muro abbattuto. Per questo nel lungo e tortuoso cammino verso le montagne del Medio Oriente dovremo attraversare altri territori in resistenza. Lì ci fermeremo e sosterremo altri progetti di solidarietà dal basso che idealmente ci avvicinino al Kurdistan perché siamo sicuri che il Bae avrebbe fatto e voluto così, non sarebbe rimasto impassibile.

A fianco di questo percorso internazionalista, sentiamo l’esigenza di prenderci cura anche del nostro territorio, troppo spesso abbandonato da istituzioni che badano esclusivamente ai propri interessi. D’altra parte, “ci vuole una casa per andare in giro per il mondo“, e di quella casa vogliamo prendercene cura. Lo sport oltre ad essere un importante elemento di aggregazione giovanile è anche salute, e mai come in questo periodo storico è doveroso prenderci cura di noi stessi e delle nostre comunità. Per questo avvieremo un progetto “comunitario” che intende sostenere gli spazi sociali e di aggregazione delle nostre città, in primis delle realtà sportive del nostro territorio, nella manutenzione degli spazi sportivi e nel sostenerne le attività. In ogni campetto di periferia, in ogni momento di incontro e scontro in un campo da gioco, in ogni nuova amicizia creata e in ogni nuovo sogno sgangherato, potremo rivedere Francesco e avere la consapevolezza di ritrovarci nel “sogno” che chiamiamo El Estadio del Bae.

Ripartiamo da qui, da un progetto che si sdoppia in un intervento “comunitario” e in un intervento internazionalista. Ripartiamo dai nostri campetti di periferia, portando “El Estadio del Bae in ogni barrio” e dal progetto “Play 4 Gaza” dell’associazione Ya basta! Êdî Bese! per la costruzione della pavimentazione del campo sportivo di Green Hopes Gaza.

Il Bae è qua. E ovunque si respiri libertad, justicia, democracia.

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